Quattro Zero per chi chiama da fuori Rabat

“Abbiamo commesso errori in momenti della partita chiave e con una squadra forte come il Marocco abbiamo pagato” così al termine dell’incontro il CT Bellarte commenta la prestazione della sua nazionale, la prima dei “senior” in questo serratissimo ciclo di amichevoli ai piedi dell’Atlante.

Chiaro che senza errori da entrambe le parti, le partite di solito finiscono zero a zero. Ci sono poi i pali, legni colpiti anche a porta vuota. L’errore non è tecnico, diventa esoterico. Colpa della Dea Bendata oppure di Gastone che è voltato dalla parte sbagliata.

Il Marocco è in effetti una squadra “forte”, qualsiasi cosa quell’aggettivo rappresenti. Lo è in virtù del posto che il Marocco occupa nel ranking FIFA. Loro sono all’ottavo posto, noi il 12esimo. Com’è arrivato lì? Inciampando in oriundi brasiliani? Reclutando giocatori nei tornei della Q8?

La progressione nei risultati delle nazionali del Marocco è frutto d’un progetto pluriennale della federazione calcio marocchina. Lo stesso che ha permesso alla nazionale di calcio di competere fino ai quarti di finale della recentissima Coppa d’Africa, uscendo contro un Sudafrica. Lesto ad approfittare di una generosa superiorità numerica, offerta da un arbitro lontano dall’azione.

Immagino che se il progetto portoghese fosse inapplicabile, figurarsi uno magrebino. Così la nazionale italiana continua a scivolare sui parquet. Dominata fisicamente, spesso tecnicamente dagli avversari quando conta.

Loro con un centrale e un pivot, noi senza. È possibile competere a livello internazionale affidandosi tatticamente ad un 4-0 evitando che risultato e schema di gioco aderiscano perfettamente?

Strano non capiti mai di scivolare sul parquet contro le Isole Salomon. Però capita, anche troppo spesso, di farlo contro squadre che hanno da poco iniziato il loro percorso nella disciplina. Perdiamo con la Finlandia che ci segue nel ranking perché non può accadere con il più quotato Marocco.

Nessuno, davvero nessuno si chiede se questo movimento dell’italico futsal, sia all’altezza. Se produca talenti, se addestri giocatori d’un livello sufficiente a competere a livello internazionale. Se quelli convocati hanno la complessione per battagliare contro avversari che nella struttura atletica hanno il primo punto di forza.

Guai a ledere la maestà della maglia azzurra. L’Italia si tifa non si critica, mai. “Grazie lo stesso”, giusto? Quand’è che lo sport agonistico di alto livello è divenuto impermeabile ai risultati che ottiene. Quando, esattamente quando, vincere è diventato un accessorio della competizione.

In quale momento abbiamo smesso di osservare i fatti? Di leggere un ranking FIFA che ci posiziona oggi, dietro alla Francia che praticamente “ieri” non esisteva. Il calcio a 5 tricolore continua a guardarsi allo specchio, uno deformato che di rimando trasmette un immagine sfocata vecchia di vent’anni. D’un fasto che fu.

Ci sono però ancora due partite con il Marocco per invertire la tendenza e ultimo incontro con la Serbia. Nulla è perduto, mai.

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