Untold – Hall of Shame

BALCO.
Negli Stati Uniti è diventato un modo di dire. Soprattutto riferito all’ambiente sportivo. Tanto che potrebbe accadervi di ascoltare tifosi della squadra di baseball dei Boston Red Sox urlarlo all’indirizzo dei giocatori dei New York Yankees. Perché? Dovrete avere la pazienza e la curiosità di continuare a leggere.

BALCO è l’acronimo di Bay Area Laboratory Co-operative. Il suo nome sarà per sempre considerato sinonimo di doping, di steroidi. È necessario però sgombrare prima il campo da un luogo comune molto diffuso tra gli appassionati di sport e non solo, a maggior ragione se cognitivamente ritardati.

Le performance enhancing drug – PED, non si assumono in coincidenza delle gare, per migliorare la prestazione sportiva durante l’evento. Sono parte di un programma che permette all’atleta di allenarsi con carichi maggiori e più spesso. Gli agonisti utilizzano una calendarizzazione nell’assunzione di sostanze. Queste non sono proibite, fino a quando non vengono scoperte. Così è possibile arrivare al test antidoping post gara, perfettamente “puliti”.

Ben Johnson fu trovato positivo dopo aver vinto l’oro alle olimpiadi di Seoul del 1998. In quella gara stabilì anche il record del mondo sui cento metri. Non rivendicò la sua innocenza. Non perché non facesse uso di steroidi. Semplicemente perché quella trovata nelle sue urine non era un metabolita di una sostanza che assumeva.

Se ci si attiene ad un accurato programma di somministrazione di PED è possibile vincere sette Tour de France, di fila senza essere mai positivi ai controlli. Non mi credete, ho un nome per voi: Lance Armstrong. È possibile anche vincere cinque medaglie d’oro nella stessa olimpiade come ha fatto Marion Jones.

Qui la storia della più forte velocista di sempre, s’intreccia con la BALCO e Vince Conte. Perché Marion Jones vinceva già prima di farsi seguire dai “farmacisti” di Balco. Questo docufilm di Netflix non ricostruisce solo uno degli scandali di doping più dolorosi di sempre, indaga la scelta dell’atleta morale e sportiva.

Tim Montgomery, recordman dei 100 metri con 9.78 (annullato successivamente), è l’unico tra gli atleti di primo piano ad aver accettato di farsi intervistare per il docufilm. La sua lucida ricostruzione è un misto di tenero sogno di bambino e della cinica mentalità del risultato a tutti i costi. Montgomery era tra i migliori velocisti della sua generazione eppure mancava qualcosa. La sensazione di essere l’uomo più veloce della terra.

Oggi, privato delle medaglie, dei premi e del record ammette candidamente che ne è valsa la pena. Perché quella sensazione quando ha tagliato il traguardo da recordman dei cento metri piani, nessuno gliela può portare via e non importa che abbia assunto sostanze proibite.

Barry Bonds era un sicuro Hall of Famer del baseball. Decise però che era più importante battere un record, quello dei fuori campo totali in una stagione. Lui sapeva che quello era un record stabilito in una corsa tra due atleti che facevano uso di steroidi.

Barry Bonds nella fase discendente della sua carriera è diventato una impressionante macchina da fuori campo, ne detiene il record per una singola stagione e totali. Peccato che il suo nome figuri nei registri della BALCO, il suo e molti altri record degli anni in cui la MLB non aveva nessuna politica antidoping, sono registrati con un asterisco al fianco.

Bonds è da dieci anni eleggibile per la Hall of Fame, il suo nome non è mai stato nemmeno preso in considerazione. Così come accadrà per Jason Giambi, altro sicuro giocatore che non vedrà mai la sua targa a Copperstown.

Vince Conte, la mente dietro a BALCO dov’è ora? Dopo aver passato cinque mesi in una prigione a bassa sicurezza, ha fondato la SNAC che vende ufficialmente supplementi vitaminici. Qualcuno sospetta abbiano sintetizzato una nuova molecola. Già perché il successo di BALCO era principalmente dovuto al THG, prodotto sinteticamente nei laboratori di San Francisco.

Chiamatoa “The Clear” perché era virtualmente irrintracciabile poiché non era una molecola ufficialmente in commercio. Non conoscendone la composizione i laboratori antidoping non avrebbero potuto eventualmente individuare nemmeno i metaboliti.

Questa al doping è una guerra che lo sport tristemente non può vincere. Perché le sostanze si assumono in fase d’allenamento quando nessuno controlla l’atleta. Una guerra di retroguardia quella della WADA spesso ostacolata anche dai governi come quelli di Russia e Cina.

Una battaglia di civiltà incapace di stabilre un vincitore morale. L’uso consentito di alcuni farmaci, anche quelli che permettono ad un atleta per poter gareggiare senza dolore, in quell’esatto momento s’è alterata la prestazione sportiva.

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