Éder Popiolski, riparte dalla Chapeco

C’è un futsal di costruttori, d’architetti sportivi. Di pazienti cercatori di pepite di talento. Di uomini capaci d’insegnare, disposti a veder crescere il talento fino alla sua esplosione. L’alfiere di questa filosofia è Éder Popiolski. Brasiliano, vent’anni dedicati al futsal femminile.

I collezionatori nostrani di figurine, probabilmente ignorano l’importanza della figura di Popiolski. Plausibilmente, anche della sua esistenza. Il nostro Bel Paese è popolato da presidenti e dirigenti che pensano che per costruire una squadra, sia sufficiente comprare i migliori giocatori. Non importa il prezzo, tutti alla fine ne hanno uno.

Florentino Pérez non sarà mai ricordato come un grande presidente. Un grandissimo immobiliarista, probabilmente sì.
Sapete perché? Per creare i “Galacticos” ha semplicemente sbattuto sul tavolo, il suo enorme potere finanziario. Ha vinto tutto, vero. Nell’immaginario collettivo però s’è sedimentata l’idea che con quei soldi, poteva farlo chiunque. 

Non c’è nessuna abilità, in questo tipo di processo. Per assemblare così una squadra, pronta a vincere tutto e subito, basta appunto il denaro, tanto denaro. L’abilità al massimo consiste nell’accumulare, quel denaro. Processo certamente più complesso dello spendere, quei soldi.

Nel futsal accade così spesso di veder apparire e scomparire società e presidenti, che ci si dimentica di quanto sia difficile creare e costruire. Una Serie A, maschile ad esempio, nella quale giocano con profitto, quarantenni di varia nazionalità, costituisce il sintomo palese di un malessere di cui nessuno parla. L’incapacità di trovare e allevare talento. Si sceglie l’usato, molto usato, sicuro.
Non è sempre così, non lo è dappertutto.

Éder Popiolski è l’uomo che v’ha regalato le giocatrici che ammirate, che vi contendete a colpi di euro, decine di migliaia di euro. Non l’ha fatto da solo ovviamente, ma lui è stato il catalizzatore della Chapeco capace di vincere tutto, in una sola stagione. Libertadores, Taças Brasil, Campionato di Santa Catarina e Universitario.
Osservate bene questa foto. Le riconoscete vero?

Torna sulla panchina e nella squadra che lui ha reso leggendaria. Dopo una pausa di qualche anno. Pronto a ricostruire, a perseguire un progetto. Una idea di gioco, non inseguendo il talento ma scovandolo. Il suo contributo alla crescita professionale, tecnica e umana, delle giocatrici che ha guidato in campo e non solo, lo hanno reso icona di un movimento.

Torna, senza avere nulla da dimostrare, ha già vinto tutto. Nella sua più recente intervista, ha confessato di essersi convinto a ripartire dove tutto era iniziato, quando gli è stato non solo proposto un progetto. Hanno presentato anche le risorse economiche per sostenerlo. Un tempo ha creato una dinastia vincente, è convinto di potersi ripetere.

Quando in Italia, ci si lamenta della mancanza di talento, si sostituisce questa attività passiva, ad una attiva. Non si costruiscono squadre destinate a durare, non si cerca il talento al minor costo possibile, non si aggiunge valore al giocatore. Lo si prende già pronto, lo si getta in campo, si alza qualche coppa di plastica e qualche titolo. Probabilmente per un paio d’anni, poi ci si annoia e si passa ad altro.

I fiori che voi ammirate sul parquet, qualcuno li ha seminati. Innaffiati. Non ha solo modellato le atlete, ha supportato delle donne nel loro percorso umano. In maniera così profonda, che il racconto di un avvenimento in particolare che vede coinvolto Éder e una sua giocatrice, resta uno dei momenti privati che conservo con più attenzione, che m’hanno più colpito umanamente.

L’impresa nello sport è nella costruzione. Nella capacità di perdurare nel tempo. Nel creare una dinastia in condizione di dominare una disciplina superando l’ostacolo più grande, la ciclicità dello sport. La squadra, non è più ai vertici. Popiolski avrà anche qualche anno in più e qualche capello bianco, la voglia di costruire però è sempre li. La porta dentro.

Faccio il tifo per lui, perché come ogni buon giocatore di fantacalcio o di football manager,  siamo sempre alla ricerca di quel ragazzino appena sedicenne pronto a diventare un fenomeno. Per vederlo crescere, poter dire di averlo scoperto e poi osservarlo mentre ha successo. La scoperta del talento, quell’immisurabile e non replicabile abilità che cambia tutto, è la pietra angolare di ogni disciplina. Quella sulla quale, per l’appunto di costruisce.

Sono anche un collezionista, conosco quindi il valore e l’attrattiva che ha la passione per le figurine. Non quelle adesive però. Quelle che appiccicate sull’album che poi buttate, dimenticate o che v’annoia. Tra qualche anno di voi, collezionisti di figurine appiccicose, non ci sarà traccia se non nei ricordi di qualcuno. Ricordi, non storia. Aneddoti, note a piè di pagina di una storia che hanno scritto altri. Altri come Éder Popiolski.

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